Ieri, 10 febbraio, giorno dell’annuncio dell’inflazione al consumo (CPI) di gennaio in Usa, le Borse europee hanno vissuto numerosi saliscendi, coi minimi segnati poco prima del dato, e un discreto recupero sul finale, che ha permesso chiusure attorno alla parita’.
L’inflazione è ormai chiaramente la principale preoccupazione per Governi, Banche centrali, imprese e famiglie, mettendo in secondo piano la pandemia: la dinamica dei prezzi e’ troppo elevata, da economia surriscaldata e fa tornare alla memoria, anche a chi scrive, i periodi di iperi-nflazione degli anni ’70 ed ’80 del secolo scorso.
Le chiusure azionarie europee, alla fine, non fotografano appieno l’ansia dei mercati, e riflettono le reazioni, molto miste, alle evidenze della reporting season, in pieno svolgimento: il FtseMib italiano ha guadagnato +0,2%, il Ftse100 britannico +0,4%, il Dax tedesco 0,09%: il Cac40 parigino e’ invece sceso -0,4%.
L’nflazione negli Usa continua a correre e a gennaio i prezzi al consumo sono saliti del +7,5%, sopra le attese e al massimo dal 1982. Non c’e’ dubbio che dopo questi orribili numeri, la Federal Reserve (Banca Centrale Usa) virera’ verso una rapida ed incisiva stretta di politica monetaria, come ampiamente previsto da diverse settimane.
D’altronde, dopo la riunione del FOMC (Federal Open Market Committee) di gennaio, il Chairman della Fed Jerome Powell aveva indicato che l'inflazione è il fattore determinante per le scelte sui tassi di interesse, e che il meeting di marzo avrebbe deciso entita’ e tempi del loro aumento.
Wall Street non l’ha presa bene, e dopo grand parte della seduta senza una vera direzione, ha chiuso decisamente in ribasso: Dow Jones -1,5%, S&P500 -1,8%, Nasdaq -2,1%.
Ad innescare il sell-off sul finale anche le parole del Presidente della Federal Reserve regionale di St. Louis, James Bullard, favorevole a un rialzo dei tassi di 50 punti base a marzo e di un punto percentuale entro luglio.
James Bullard ha detto di essere anche favorevole ad avviare la riduzione del mostruoso attivo di bilancio della Fed (vicino ai 9 triliardi di Dollari) gia’ dal 2’ trimestre dell'anno.
Non stupisce che anche i rendimenti dei Tresury bond Usa siano saliti bruscamente, con quello del decennale sopra il +2,0%, stamattina, 11 febbraio. Ancora piu’ violento lo swing per la scadenza a 2 anni, +32 bps in 24 ore, a +1,57%!!.
Il dato sull’inflazione Usa riaccende preoccupazioni molto simili anche in Europa, innescando un movimento al rialzo delle curve dei rendimenti di tutti gli emittenti sovrani dell’Euro-zona.
Lo spread di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi e’ salito oltre 165 punti base, col rendimento del BTP che tocca stamattina quota +1,93% (ore 12.15 CET). Ricordiamo, sul tema, le parole della Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde, che la scorsa settimana non ha escluso un rialzo dei tassi nel 2022.
Intanto, in Europa, si evidenziano sintomi di rallentamento della crescita: la Commissione Ue ha rivisto al ribasso le sue stime del GDP (prodotto interno lordo) e al rialzo quelle dell’inflazione, per il 2022. Nel caso dell’Italia, reduce da una cresscita record, stimata al +6,4% nel 2021, la previsione per il GDP 2022 e’ ora +4,0% dal precedente 4,3%, e quella sull’inflazione +3,9% dal +1,9%.
Sul fronte incendescente delle materie prime troviamo ancora protagonista il prezzo del petrolio, in rialzo anche ieri, 10 febbraio, col WTI (West texas Intermediate) a 90,8 Dollari/barile (+1,2%), livello confermato anche stamane (ore 12.30 CET).
Il mercato valutario e’ forse il meno impattato dallo spauracchio dell’inflazione: stamattina, 11 febbraio, segnaliamo la relativa forza del Dollaro: il cambio contro Euro cede sino a 1,139 Dollari, ma il Dollar Index, col +0,4%, sintetizza l’apprezzamento della divisa Usa verso le maggiori monete di scambio, tra le quali Corona Norvegia, -0,5%, e Rand del Sudafrica -0,4%.
Bitcoin e’ al primo arretramento dopo 7 sedute di rialzo consecutivo. Cede oltre il -3% intorno a 43.400 Dollari.
Oggi, nell’Area Asia-Pacifico, la reazione delle Borse all’inflazione Usa troppo alta e alla “disruption” sui mercati obbligazionari globali e’ stata relativamente contenuta.
Chiusi i mercati giapponese e australiano per festivita’, segnaliamo Kospi coreano -0,7%, Hang Seng di Hong Kong -0,3%, Strait Times di Singapore +0,1%, Taiex di Taipei -0,3%, CSI 300 di Shanghai&Shenzen -0,2%. Negativa l’India, con l’indice Sensex di Mumbai -1,3%.
Come eredita’ delle chusure pesanti di Wall Street, le borse europee, pur senza crolli, sono negative a fine mattinata, in media -1,1%, ed anche i futures sui maggiori listini Usa preludono a riaperture negative attorno a -0,5%. (ore 12,30 CET)
I preziosi stentano a riprendere slancio anche nell’attuale situazione incerta, con l’Oro a 1.827 Dollari/oncia, -0,5%, e l’argento a 22,95 Dollari, -2,4%.
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